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Il terapeuta II, 1962, René Magritte |
Spesso accade che le persone che ci consultano ci chiedano
quale sia il nostro approccio, o che magari, pur essendo a conoscenza del fatto
che la nostra metodologia clinica si situi entro l’area della psicodinamica,
non abbiano idea (comprensibilmente) di cosa questo significhi.
Con queste poche righe vorremmo provare ad aiutare la
nostra utenza, cercando di chiarire – al di fuori di tecnicismi poco fruibili
dai non addetti ai lavori- che cosa significhi implicarsi in un percorso di
psicoterapia psicodinamica.
Eviteremo di soffermarci su questioni di carattere storico e
bibliografico, non essendo questo l’obiettivo che qui ci riguarda; passeremo
quindi ad elencare una serie di punti chiave che caratterizzano la nostra
proposta di lavoro terapeutico.
1) Relazione, contesto e sofferenza.
La nostra idea è che la vita psichica
produca esperienze emozionali che vanno o
in direzione di un migliore adattamento e sviluppo di se stessi o in una direzione che si oppone alla
crescita di sè. Lo sviluppo di se stessi non è qualcosa di fisiologico e
naturale, piuttosto è un processo che va condotto e governato. La sofferenza psichica è quel segnale che
si produce ogni qualvolta ci allontaniamo da forme di adattamento alla realtà
più adeguate; in alternativa noi
proponiamo di passare dalla sofferenza psichica alla fatica psichica, ovvero a quell’esperienza emozionale che ci
allontana dall’impotenza e che ci aiuta, non senza sforzi, a governare
l’insieme delle relazioni che caratterizzano i nostri contesti di vita.
2) La domanda allo psicoterapeuta
Se le relazioni con i nostri contesti
sono gravate dalla nostra impotenza a far sì che le cose possano cambiare,
anche la relazione con lo psicologo sarà caratterizzata e da tale vissuto e dai
medesimi ostacoli. Per tale ragione prima ancora che le questioni e i problemi che
ciascuno ci sottopone, sarà la relazione
che si vuole instaurare ( e che
viene instaurata ordinariamente fuori dalla stanza di consultazione ) con lo
psicologo il primo elemento da esaminare per comprendere le ragioni della
propria sofferenza. Il nostro compito
come psicoterapeuti è quello di promuovere una relazione con l’altro, evitando però che questa si avviti, ancora
una volta, lì dove siamo soliti raccogliere la nostra impotenza.
3) I contenuti e la storia
Certamente siamo interessati a tutte
le vicende storiche che il paziente decide di raccontarci ma non abbiamo un
interesse specifico a monte per talune questioni. Per tale ragione vorremmo sfatare il mito della terapia come lavoro
che si rivolge al passato, a volte
anche antico, come necessità utile alla cura. Il nostro obiettivo è aiutare i
pazienti nel presente servendoci certo dei materiali storici che ciascuno decide progressivamente
di offrire alla terapia, ma quale occasione per riflettere sulla dimensione emozionale che attraversa
questa specifica storia. La dimensione emozionale costituisce il cemento con il quale ci si è costruiti
il proprio mondo relazionale, con tutto ciò che esso implica, adesso, nel
presente.
4) Dalla vittima all’artefice
Spesso accade che la nostra utenza
non sappia da dove cominciare a raccontare la propria storia, interrogandosi su cosa sia più "giusto"
raccontare. Se da un lato nel corso delle sedute ci
premuriamo di aiutare i pazienti a raccontarsi, dall’altro tentiamo di spingere
i pazienti a sforzarsi di trovare loro di volta in volta l’argomento da
sottoporci. Quest’aspetto diviene per il nostro lavoro molto rilevante, in
quanto aiuta le persone ad essere meno spettatori della propria storia; inoltre
tale modalità permette ai pazienti di visualizzare
quegli automatismi che
caratterizzano il loro quotidiano.
Traguardare tale possibilità, diviene il primo passo per fuoriuscire dalle secche entro cui ci si è arenati: come nuovi elementi su una mappa, dopo aver riguadagnato il mare, sarà possibile tracciare, ancora una volta, nuove rotte.
Traguardare tale possibilità, diviene il primo passo per fuoriuscire dalle secche entro cui ci si è arenati: come nuovi elementi su una mappa, dopo aver riguadagnato il mare, sarà possibile tracciare, ancora una volta, nuove rotte.
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