lunedì 27 gennaio 2014

L'insostenibile leggerezza dell'essere (in psicoterapia)


 Si fa un gran parlare -negli ultimi tempi- di psicoterapia sostenibile, erogata, quindi a dei prezzi accessibili alle possibilità economiche di quanti sarebbero interessati ad avviare un percorso, ma non possono permetterselo.
La questione è drammaticamente attuale, alla luce del difficile periodo che il Paese sta attraversando: un tempo di crisi, segnato da una precarietà -esistenziale più che meramente economica- che, se da un lato sembrerebbe alimentare una domanda di e alla psicologia, dall'altro rischia di lasciare privi di quelle risorse necessarie ad accedere a questa possibilità. Per dirla in altri termini, proprio nel momento di maggior bisogno, ci si potrebbe sentire nell'impossibilità di poter chiedere aiuto.
Se ci limitiamo a considerare la questione da un'ottica fattuale, siamo confrontati con delle evidenze (i famosi dati di fatto) che sembrerebbero lasciare poco margine di manovra: la psicoterapia diviene quella spesa da tagliare (o da non mettere proprio in bilancio) perchè inevitabilmente scalzata da priorità non negoziabili. 
La psicoterapia, dunque, si configurerebbe nei termini di una spesa tanto potenzialmente utile, quanto insostenibile.
Dentro uno scenario di questo tipo, intervenire sui costi della psicoterapia, provando ad andare incontro al cliente attraverso una politica di tariffe agevolate vorrebbe tentare di superare tale vissuto di insostenibilità, agevolando l'accesso a questo tipo di esperienza.
Tutto questo appare molto ragionevole e logico ma, dal nostro punto di vista, non del tutto convincente. 
Pensiamo, infatti, che la questione della sostenibilità della psicoterapia non possa essere compresa se colta solo nei suoi aspetti fattuali: c'è, infatti, un piano emozionale che affianca ed integra il piano "fattuale" della realtà, a volte completandolo, altre stravolgendolo. 
Guardare la realtà da un vertice clinico, significa quindi per noi non certo patologizzarla, quanto piuttosto interrogarci sul rapporto che di volta in volta si costruisce tra questi due piani, quello della realtà colta nei suoi aspetti fattuali, e quello dei processi emozionali che la attraversano e costruiscono.
Torniamo alla psicoterapia sostenibile per provare a spiegarci.
L'ipotesi che proponiamo è che la questione della sostenibilità (o dell'insostenibilità!) della psicoterapia  evochi l'idea di un peso non compreso del tutto se confinato al piano economico; un peso che ci parla dei costi emozionali della psicoterapia, dell'impegno che richiede, aldilà dell'aspetto monetario.
Il nostro Studio pensa, quindi, il costo della psicoterapia nei termini di un onere che provi ad essere sostenibile (economicamente) ma impegnativo, muovendo dall'ipotesi che l'implicazione in un percorso psicoterapeutico passi necessariamente attraverso il superamento di una serie di resistenze e comporti l'assuzione di un impegno, che il costo dell'esperienza segnala sul piano materiale.
La disponibilità ad andare incontro al cliente, in altri termini, non può pretendere, o illudersi, di bypassare la parte di lavoro, responsabilità ed impegno che l'altro è chiamato ad assumersi; pensiamo questo non tanto da un punto di vista etico, quanto piuttosto metodologico.
La psicoterapia, come esperienza di cambiamento, chiede di spendere -e spendersi- molto dal punto di vista delle proprie risorse interne; eludere questo piano rischia di ingannare non solo il nostro cliente ma noi stessi, spingendoci a vedere risultati anche quando questi effettivamente non sono stati raggiunti, poichè sospinti da una fantasia tanto agevolante quanto poco lucida.
Il costo della psicoterapia, dunque, quale "cifra simbolica" che se da un lato vuole apparire sostenibile, dall'altro è obbligata a chiedere un impegno, quindi, un costo.