giovedì 15 dicembre 2011

Indirizzo e-mail e brochure dello Studio Psicologico Psicoterapeutico: come conoscerci e contattarci

Per informazioni, quesiti, curiosità, potete contattarci, oltre che telefonicamente, attraverso l'indirizzo di posta elettronica  psicologia.garbatella@hotmail.it.  
Lo spazio "virtuale" dello scambio via e-mail pur non potendo (nè volendo!), evidentemente, sostituire lo spazio dell' incontro "reale", intende fornire una prima possibilità di contatto e conoscenza, utile ad offrire elementi orientativi a coloro che avvertano l'esigenza, più o meno implicita o sfocata, di consultarci. 
Siamo infatti consapevoli di quante resistenze e perplessità -anche comprensibili- tendano a rendere tutt'altro che automatica e scontata  la decisione di rivolgersi ad uno psicologo, anche in presenza di un bisogno e, quindi, di una qualche forma di disagio, "malessere". 
Lo spazio del contatto via e-mail vorrebbe, a tal proposito, verificare la possibilità di "aprire", avviare uno scambio con chi fosse interessato, promuovendo l'emergere di interrogativi ulteriori, piuttosto che "chiudendo" attraverso la formula a nostro avviso retorica e problematica dell'esperto (?) risponde.

lunedì 30 maggio 2011

La questione del cambiamento

La ragione che ci spinge a scrivere alcune righe sul cambiamento deriva dalla necessità di chiarire questo processo,alla luce della centralità che riveste nel nostro lavoro. 
Il motivo per cui si va dallo psicologo, si intraprende una psicoterapia è quello di produrre un cambiamento significativo; apparentemente questo sembrerebbe scontato, poiché è piuttosto chiaro a tutti che se mi trovo dallo psicologo è perché voglio cambiare. Ma come viene concettualizzato -più o meno inconsapevolmente- questo cambiamento? Come viene immaginato?
Vorremmo provare ad indicare alcuni modelli di cambiamento a disposizione “nel mercato della vita reale” e situare, quindi, la nostra proposta.
1) Come un muscolo
In questo modello di cambiamento la meta d’arrivo la si conosce già in anticipo. Per esempio: diventare più motivati, diventare un genitore più bravo, diventare più disponibili all’ascolto, più interessanti, ecc. In questo modello, la meta è un muscolo che richiede un certo allenamento perché possa aumentare la sua forza specifica.
Se questo modo di pensare al cambiamento può essere adeguato per allenare i propri addominali, dal nostro punto di vista rischia di esserlo meno quando si tratta di comprendere le difficoltà di separarsi dai propri figli che diventano autonomi; di capire perché si lasciano i propri progetti a metà; di chiedersi perché non si riesce ad evocare interesse per sé nell’altro. Come psicologi, non riteniamo esistenti in realtà programmi in grado di far crescere queste caratteristiche, se non all’interno di situazioni che rischiano di promuovere, paradossalmente, la nostra passività.
2) Se le cose fossero diverse…
Quando ci troviamo in questa situazione, il cambiamento si confronta con la sua impossibilità. La necessità è far sperimentare allo psicologo la propria impotenza, per cui nulla potrà cambiare mai, a meno che il mondo esterno non si trasformi  così da divenire più adatto alle nostre esigenze. "E’ tutto inutile! Non c’è nulla da fare!" In questa circostanza, ciò su cui ci viene richiesto di intervenire è la realtà esterna, perché possa finalmente essere sentita come meno subìta.
Tuttavia anche in questo caso il prezzo che si rischia di pagare è quello di restare chiusi in una posizione passiva, ma nondimeno onnipotente, in quanto per noi psicologi si pone il pericolo di diventare proprio quella modalità della realtà che l’altro desidererebbe, ma che non è in grado di produrre. In una circostanza di questo tipo sia lo psicologo che il paziente rischiano di produrre una forma illusoria di cambiamento in cui si continuerà a subìre.
3) L’alternativa e l’adattamento
Sull’espressione adattamento, grava un peso che evoca in noi il senso della rinuncia, la necessità di dover scendere a compromessi. "Che devo fare, vorrà dire che mi adatterò! La realtà è questa, bisogna adattarsi!" Sembra quasi che adattarsi implichi un senso di sconfitta, in cui ancora una volta abbiamo subìto la realtà con le sue caratteristiche altre, rispetto alle nostre. Il problema dal nostro punto di vista, nasce proprio nel momento in cui noi e la realtà diventiamo due cose distinte, separate, ciascuna con le sue caratteristiche, che di volta in volta devono subire la reciproca presenza. Quasi che noi faremmo tranquillamente a meno della realtà e la realtà farebbe benissimo senza di noi. Il problema di non riuscire a partorire un’alternativa, nasce quasi dall’idea di dover immaginare che per cambiare bisogna generare un’innovazione grandiosa. In altri casi invece, restiamo bloccati entro certi schemi perché pretendiamo che talune vicende debbano procedere soltanto seguendo un determinato andamento.
Questo modello, ci sembra meglio corrispondere all’idea che ci figuriamo per lo sviluppo del cambiamento in ambito psicologico, in quanto se da un lato ci chiede di fare i conti con la realtà, dall’altra non ci abbandona ad una scelta obbligata. Talvolta scompaginare l’ordine di alcuni elementi in uno schema mentale oramai irrigidito, costituisce una piccola impresa grazie alla quale la realtà potrà iniziare ad apparirci meno penosa, più alleata a noi, vincolante sì, ma anche possibilmente costruibile, godibile. Questo ci solleva, da un lato, dall’idea che cambiare significhi diventare assolutamente qualcos’altro; dall’altro, ci impegna in un pensiero che può iniziare a fare veramente qualcosa: come il poter fare un buco nella realtà e iniziare a penetrarla.

martedì 5 aprile 2011

Studio Psicologico Psicoterapeutico si trasferisce (ma resta a Garbatella!)

Lo Studio Psicologico Psicoterapeutico si è trasferito in Via Anton da Noli, 14, a pochi passi dalla sede precedente, per offrire alla sua utenza, presente e futura, uno spazio più ampio e accogliente.

mercoledì 2 marzo 2011

Perché uno Studio Psicologico Psicoterapeutico all’interno di uno Studio Medico

La ragione che ci ha spinto a scegliere di situare uno Studio Psicologico entro uno Studio Medico, nasce da un tentativo di ridefinizione di questo contesto: da luogo di “cura della patologia”, a spazio di presa in carico e promozione della salute.
L’idea di Salute alla quale stiamo facendo riferimento com-prende al suo interno anche la malattia, proponendo, quindi, un superamento di quei modelli che separano rigidamente la salute dalla malattia e, di conseguenza, i malati dai sani, al fine di sottolineare come dimensioni di salute e malattia tendano piuttosto a coesistere nello stesso soggetto. All’interno di questa visione appare altrettanto ingenuo pretendere di differenziare una “salute fisica” da una “salute psicologica”: riteniamo infatti, non da soli, che sia necessario lavorare ad un ampliamento dell'idea di "Salute", in grado di accogliere al suo interno l’insieme dei rapporti tra il corpo, la mente e i contesti di vita.

Mettere al centro la salute permette, alla funzione psicologica e alla funzione medica di incontrarsi su di un oggetto comune, a partire dalla rispettive specificità.
Pensiamo, per fare un esempio tra i tanti possibili, a come la cronicità di determinate situazioni cliniche, possa nascondere delle “cause” di ordine psicologico, rispetto alle quali potrebbe essere importante prendere posizione.
Certamente il lavoro psicologico non intende sovrapporsi al lavoro medico, ma affiancarlo ed integrarlo in quei momenti ove non si riscontrasse, al di là dei sintomi, una determinata condizione organica atta a giustificare quel preciso quadro. Peraltro, non riteniamo trascurabile neppure quella “componente psicologica” che accompagna e rischia di appesantire la malattia di natura più propriamente organica.

La relazione con lo psicologo, così come noi la pensiamo, diversamente che la relazione con il medico, non potrà immaginare la somministrazione di un farmaco, né, più in generale, l’assunzione di un atteggiamento prescrittivo, finalizzato a fornire consigli, direttive e ad indicare comportamenti adeguati al paziente, piuttosto intende chiedere ai suoi utenti di implicarsi in un lavoro in cui, prima di essere curati da qualcun altro, si proverà a mobilitare quelle risorse proprie, utili a prendersi cura della propria realtà di vita. Proprio quest’ultima infatti, pensiamo, con le sue difficoltà, ci mette nella condizione di sviluppare quei sintomi a cui potrebbe essere importante offrire risposte alternative, da utilizzare per promuovere nuove competenze.
La Studio Psicologico Psicoterapeutico, vuole offrire l’opportunità di percorrere questa utile strada.

martedì 22 febbraio 2011

TERRITORIO PSICOTERAPIA

Vorremmo provare a raccontarci -e a raccontare le premesse teorico-metodologiche che orientano il nostro lavoro- partendo da due parole, volutamente affiancate, senza l'aggiunta di una "e": TERRITORIO PSICOTERAPIA.
Due parole che ci piacerebbe provare a far funzionare nei termini di indizi da cui muovere per liberare una molteplicità di associazioni possibili, attraverso la costruzione di una serie di connessioni: territorio della psicoterapia... psicoterapia nel territorio... territorio e psicoterapia... psicoterapia per un territorio...

Lavorare a queste connessioni permette, a nostro avviso, di mettere in rapporto il Pubblico e il Privato -vale a dire l'intimità dei propri vissuti, delle proprie emozioni, del proprio disagio- al Fuori delle relazioni con i propri contesti di vita, a partire dall'individuazione di questioni da trattare, piuttosto che di "patologie" da curare, deficit da compensare.
L'intervento psicologico-psicoterapeutico si traduce, quindi, in una proposta di lavoro, ed è questo che marca, a parere di chi scrive, una prima sostanziale differenza con l'intervento medico: la necessità, per i nostri clienti, di implicarsi attivamente nel percorso che andremo costruendo insieme, producendolo, piuttosto che assumendolo alla stregua di un farmaco...

Lo Studio Psicologico Psicoterapeutico intende, a tal proposito, proporsi quale Spazio entro cui offrire ai nostri interlocutori la possibilità di avviare-rimettere in moto la propria capacità progettuale, e con essa le proprie possibilità di sviluppo, a partire dall'acquisizione di una competenza a pensare le emozioni, utile a riorganizzare le proprie azioni, fuoriuscendo dalla rigidità di una scelta obbligata.
E' questo un aspetto che ci preme sottolineare, e che ci riporta al punto di partenza: Territorio Psicoterapia.
Il Territorio si configura, infatti, nei termini di quel Fuori che permette di connettere il pensiero all'azione, restituendo così al pensiero la sua componente produttiva.

giovedì 20 gennaio 2011

BATTAGLIA - Abecedario sul corpo-

Partiamo, per questa seconda lettera dell’Abecedario sul corpo, da uno dei commenti lasciati nel blog, ad integrazione della parola proposta: battaglia, appunto.

“BATTAGLIA: se ne combattono tante, dentro il corpo, e, con il proprio corpo, nel nostro ambiente…”

Ci pare, questa, una parola drammaticamente attuale, rispetto al contesto del corpo delle donne e degli uomini, non meno che del corpo sociale. Una parola che mette in scena la possibilità del conflitto, della resistenza, della difesa, della resa, in un vero corpo a corpo.
La “battaglia”, se da un lato mette in evidenza l’aspetto dello scontro, dall’altro richiede il riconoscimento di parti diverse all’interno di un medesimo “corpo” (umano o sociale, come vedremo, non fa differenza); riconoscimento che mette in crisi, destabilizza un equilibrio, imponendo dei costi, ma che, al contempo, rappresenta un passaggio ineliminabile per il realizzarsi di un assetto inedito e potenzialmente più adattivo.
I processi di sviluppo non possono avvenire bypassando la dimensione del combattimento: il cambiamento, all’interno di un percorso psicoterapeutico, implica anche un andare contro quelle parti di sé che tenderebbero a restare impigliate entro le secche della ripetizione. Si pensi, tra gli innumerevoli esempi possibili, a come gli stessi processi di cura e guarigione di patologie di varia natura vengano descritti, nell’immaginario collettivo, utilizzando parole come “battaglia”, “sconfiggere”, ecc., evocando implicitamente l’immagine di una “parte sana” che lotta contro –e con- una “parte malata”.
L’ipotesi che proponiamo è che attraverso la battaglia possa esprimersi paradossalmente una forma di eros, uno slancio verso la “vita”, a partire dall’attraversamento delle proprie zone d’ombra, la qual cosa significa incontrare la perdita intesa sia come sconfitta che come abbandono di parti di sé non evolute.
Il rifiuto della battaglia, dunque del conflitto, realizza, invece, dimensioni di stallo, blocchi che si traducono in incistamenti che covano sotto la sabbia, realizzando un equilibrio rigido e costantemente a rischio di infrangersi.
Abbiamo parlato della “battaglia” contestualizzandola all’interno di un corpo non ulteriormente specificato, così da comprendere tanto il piano individuale (il corpo umano) che i contesti sociali, poiché riteniamo che le riflessioni qui delineate concernano entrambi questi livelli. Gli scenari che ci sono venuti alla mente sono stati il setting psicoterapeutico, non meno che le recenti vicende politico-sociali e, con esse, la problematica tendenza a negare-stigmatizzare preventivamente il conflitto. Riteniamo quest’ultimo il motore della relazione, espressione di quelle parti che lottano per generare le forme della loro convivenza.
A tal proposito, obiettivo di chi scrive è stato quello di recuperare una componente virtuosa della “battaglia”, esplicitando la centralità che tale dimensione riveste entro i processi di cambiamento individuali e sociali.